Questo spettacolo venne scritto da John Osborne nel 1956, a Londra. Nessuna apparente attinenza, quindi, con il contesto sociale e storico a cui apparteniamo. Eppure l'attualità di questo pezzo esprime in maniera sconcertante quanto i confini geografici e temporali siano a volte inesistenti e privi di significato.
Disillusione, incapacità di andare avanti, indifferenza verso se stessi e la vita, crollo di ciò che sono stati gli ideali che portavano al raggiungimento del proprio benessere, o molto più semplicemente un totale disarmo nell'affrontare il vorticoso mondo di oggi, così lontano da tutto ciò per cui si è sempre stati preparati...
Tutto questo e molto altro ancora, Osborne lo esprime in una commedia, di cui vogliamo riportare la parte più essenziale e semplice, proprio come la rabbia che nasce nel cuore di questa generazione, inerme e bendata di fronte al pesante fardello di gestire ciò che sarà il mondo del domani, un mistero oscuro e insondabile, che nessuno può dire d'esser pronto ad affrontare. La rabbia verso gli ideali trasmessi dalle generazioni dei nostri predecessori, così convinti dell'immortalità dei propri principi, e così ciechi di fronte all'impossibilità di fare una stima, una previsione di ciò che accadrà 'domani'. Una generazione nel bel mezzo della più grande tempesta sociale che si sta verificando da 60 anni a questa parte. Infatti ciò che dovremo affrontare sarà l'inevitabile balzo di qualità che costituirà la sopravvivenza del mondo così come lo conosciamo e l'abbiamo conosciuto, fino ad oggi. Riusciremo ad essere abbastanza arrabbiati?