Il Palazzetto Bru Zane presenta un’originale rassegna
monografica dedicata a un compositore romantico di cui
perfino il nome è oggi sconosciuto ai più: Théodore Dubois.
D’ispirazione eclettica, la sua opera ampia e variegata abbraccia tutti i generi musicali e svela un’arte dal fascino inebriante. Nel solco di Dubois saranno convocati compositori suoi contemporanei tra cui Gouvy, La Tombelle, Debussy, Paladilhe, Fauré, Duvernoy, Franck e Pfeiffer.
“Forse mi sbaglio; eppure ho come la certezza che se in
futuro, dopo di me, le mie opere cadranno sotto gli occhi
di musicisti e di critici non prevenuti, ci sarà un cambiamento a mio favore!“(Théodore Dubois, Journal intime, 1822).
Nato nel 1837, allievo dotato, Théodore Dubois compie brillanti studi al Conservatorio di Parigi ottenendo numerosi riconoscimenti, in particolare per il pianoforte e la composizione, tra cui un premier grand prix de Rome nel 1861. Tornato in Francia, Dubois segue senza indugi il naturale corso di un’ascesa paziente e regolare. Docente di armonia al Conservatorio fin dal 1871, diventa dopo dieci anni docente di composizione e quindi direttore dal 1896 fino alla pensione nel 1905. In parallelo a queste attività, svolge varie funzioni musicali al servizio della Chiesa, in particolare all’organo della Madeleine (1877-1896).
Onorato dagli ambienti ufficiali, membro dell’Institut de France nel 1894, Dubois si trova a patire, dopo la morte, di questa sua posizione privilegiata. Tuttavia, pur mantenendosi fedele ai propri ideali di chiarezza e di rispetto della tradizione, egli è sensibile ai progressi del suo tempo. D’ispirazione eclettica, la sua opera ampia e variegata abbraccia tutti generi, rifacendosi tanto a Franck e a Schumann, quanto a Brahms e a Saint-Saëns. Dubois “l’impopolare” – guardato con disprezzo come l’autore di un ostico Traité d’harmonie – simboleggia l’ambiente ufficiale di una Francia “fin de siècle” sul quale aleggia l’ombra inquietante di un “accademismo” artistico pesantemente denigrato. Tuttavia, nel momento in cui il distacco storico sembra placare le ansie di modernità, rifiutare l’indifferenza offrendo una seconda occasione alla musica di quel periodo e di quell’ambiente significa svelare con stupore un’arte dal fascino inebriante.