Palazzo Grimani è stata la dimora di una delle più importanti famiglie del patriziato veneziano fino
alla metà del XIX secolo. Venne acquistato a fine Quattrocento dal patrizio Antonio Grimani,
protagonista della vita politica e militare della Repubblica di Venezia, eletto doge nel 1521. La
proprietà venne successivamente donata da Antonio ai quattro figli e divenne la dimora di questo
ramo della famiglia, da allora denominato “di Santa Maria Formosa”.
Nel 1981 il palazzo è stato acquistato dallo stato italiano. Un lungo restauro ha permesso di
ricostituire per quanto possibile lo stato originario dell'edificio e di riportare alla luce la bellezza
delle sue decorazioni. Il Museo di Palazzo Grimani è stato quindi aperto al pubblico nel dicembre
del 2008.
Per effetto dei protocolli di sicurezza per l'emergenza COVID-19, oggi la visita al Palazzo e alle sue
collezioni si svolge lungo un percorso obbligato, che vi chiediamo gentilmente di seguire nel
rispetto degli obblighi e delle norme indicati nella segnaletica. Questa breve guida è stata pensata
per accompagnarvi nel percorso, che inizia dall'imponente cortile.
L’ampio cortile che potete osservare dalla Loggia dei Cesti (e che attraverserete al termine del
percorso) è il risultato di un’imponente ristrutturazione del palazzo conclusasi negli anni Sessanta
del Cinquecento. La fabbrica medievale originaria era composta da sole due ali e con le
caratteristiche proprie della casa fondaco veneziana. Aveva una pianta a L che si sviluppava lungo
l'angolo determinato dalla confluenza tra i rii di San Severo e di Santa Maria Formosa. Nel
Cinquecento, l'edificio fu ristrutturato e ampliato in più fasi dai fratelli Vettore e Giovanni Grimani
(e, alla morte del primo, solo da Giovanni, Patriarca di Aquileia), secondo uno stile ispirato alle
antiche domus e al gusto architettonico del Rinascimento romano. Le logge che si realizzarono
furono adornate di statue classiche analogamente alle sale del piano nobile. La loggia in cui vi
trovate era interamente affrescata con motivi vegetali e completata dai meravigliosi cesti in stucco
che potete ancora ammirare.
2. SCALONE MONUMENTALE
Tra il 1563 e il 1565 la volta a botte dello scalone che conduce al portego del piano nobile fu
sontuosamente decorata da Federico Zuccari, giovane artista di cultura romana, con affreschi
allegorici che rimandano alle virtù del suo committente, completati da grottesche e rilievi a stucco
con creature mitologiche. Questi ultimi riproducono alcuni cammei antichi della collezione di
Giovanni Grimani. Nell’insieme, lo scalone poteva competere per magnificenza solo con la Scala
d’Oro di Palazzo Ducale e con quella della Libreria Marciana.
3. SALA DEL CAMINO
La grande sala angolare, appartenente al nucleo più antico dell’edificio, fu rinnovata negli anni
Sessanta del Cinquecento. Essa è dominata dallo splendido camino sormontato da marmi colorati e
da ampie decorazioni in stucco, con volti ritratti di profilo, ghirlande di fiori e frutti e uno
stupefacente mostro con la bocca spalancata, visibile al centro. Nicchie e mensole ospitavano altri
pezzi archeologici della collezione Grimani. Alle pareti sono ancora visibili frammenti di una
decorazione ad affresco che richiama il colonnato del cortile.
4. CAMERINO DI APOLLO
Situati nell’area della fabbrica medievale, i camerini di Apollo, Callisto e Psiche furono decorati tra
il 1537 e il 1540 da artisti di formazione rinascimentale e manierista. Sulla volta a botte, in uno
schema derivato dal soffitto di una tomba romana, si svolge la disputa tra Apollo e Marsia narrata
nelle Metamorfosi di Ovidio. I quattro episodi sono opera del fiorentino Francesco Salviati: Marsia
ebbe l’ardire di sfidare Apollo nella musica: il suo flauto, l’aulos, contro la lira divina. Sconfitto nel
duello, venne condannato da Apollo a morte, scorticato vivo, come punizione per la sua superbia. A
Giovanni da Udine, amico e collaboratore di Raffaello nella sua bottega romana, si devono gli
stucchi, le figurette di divinità classiche, le grottesche e gli straordinari uccellini, nella
rappresentazione dei quali era nota la sua maestria. Nella lunetta sulla parete di fondo una
figurazione allegorica di ambientazione romana allude alle origini e ai fasti della famiglia Grimani.
5. SALA DEL DOGE, VESTIBOLO E CAPPELLA
Questi tre ambienti appartengono all’ultima fase edilizia del palazzo, conclusasi entro il 1568. Nella
sala, una lapide sopra il camino ricorda ed esalta il ruolo di Antonio Grimani, a cui il luogo fu
dedicato e il cui busto ritratto, oggi perduto, troneggiava nella nicchia centrale. A sottolinearne
l’importanza, le pareti e i pavimenti sono interamente decorati da riquadri marmorei, secondo il
gusto antico. Molti di questi marmi rari e preziosi furono estratti durante l’epoca romana in località
della Turchia, della Grecia e dell’Africa e vennero dunque utilizzati nel palazzo come materiali di
reimpiego, provenienti da rovine antiche. Nelle altre nicchie, sopra le porte e ai lati del camino,
erano collocati vasi antichi, busti e gruppi scultorei classici. Nella cappella, utilizzata dal patriarca
Giovanni Grimani per la celebrazione privata della messa, una pala cinquecentesca con una
Deposizione attribuita a Giovanni Contarini, allievo di Tiziano, è stata collocata in luogo dell’altare
marmoreo, rimosso nel XIX secolo. Dalla finestrella del vestibolo potete scorgere la scala a
chiocciola, di probabile invenzione palladiana.
6. SALA DA PRANZO
Il suggestivo soffitto di questa sala, decorato da festoni con nature morte di cacciagione, ortaggi e
pesci, alternate a fasce floreali, fu realizzato da Camillo Mantovano attorno al 1567. Lo schema
compositivo, con lo spazio suddiviso in spicchi attraverso raggi che convergono al centro, ripropone
in chiave moderna un modello utilizzato nelle decorazioni antiche. La tela seicentesca al centro del
soffitto, San Giovanni mentre battezza la folla, deriva dall’omonimo dipinto di Nicolas Poussin
conservato al Louvre. Secondo le guide ottocentesche, esso sostituirebbe un dipinto attribuito a
Giorgione e raffigurante i Quattro elementi. è probabile che l’ambiente fosse destinato a sala da
pranzo, poiché una scala oggi murata da qui conduceva al piano terra, nel luogo dove forse, già nel
Cinquecento, erano poste le cucine del Palazzo.
7. STANZA NEOCLASSICA
Questo ambiente venne rinnovato per essere adibito a camera da letto in occasione del matrimonio,
celebrato nel 1791, tra la principessa romana Virginia Chigi e Giovanni Carlo Grimani. Allo scopo
furono ricavati due camerini di comodo nei vani retrostanti la parete del camino. La decorazione del
soffitto, eseguita dal veronese Giovanni Faccioli, riprende fedelmente alcuni brani di pittura murale
antica, come le celebri Nozze Aldobrandini: potete riconoscere la scena nel riquadro corrispondente
alla parete spoglia con la finta porta di legno. Il dipinto originale venne rinvenuto nel 1601 durante
alcuni scavi sul Colle esquilino a Roma, e acquistato dal cardinale Pietro Aldobrandini. E’ oggi
conservato nei Musei Vaticani.
8. CAMERINO DI CALLISTO
Come nel camerino di Apollo, anche quello dedicato alla ninfa Callisto e allasca metamorfosi si
rinvia al celebre testo di Ovidio. Il racconto si snoda attraverso cinque riquadri in stucco bianco a
fondo oro, a partire dal primo - sulla parete di fronte alle finestre -, dove la ninfa addormentata
viene amata da Giove, fino all’epilogo - al centro del soffitto -, in cui Callisto e il figlio Arcade
vengono tramutati in costellazioni. Riscoperta a Roma la tecnica dello stucco antico, Giovanni da
Udine offre qui un saggio della sua grande abilità, ricreando animali, nature morte e dodici putti,
simboleggianti i mesi dell’anno, accompagnati da quattro segni zodiacali riferibili alle stagioni.
Alcuni specchietti tondi incastonati negli stucchi impreziosiscono la composizione e, in accordo con
la storia narrata, richiamano le stelle del firmamento.
9. CAMERINO DI PSICHE
Questa sala, che costituiva assieme alla successiva il cosiddetto Camerino di Psiche, fu divisa in due
ambienti solo nell’Ottocento. Nell’assetto originario, databile agli anni Trenta del Cinquecento, il
soffitto era decorato da cinque dipinti dedicati alla favola di Amore e Psiche, narrata da Apuleio. Il
dipinto ottagonale che ammirate alla parete, probabile copia dell’originale realizzato da Francesco
Salviati nel 1539, costituiva il centro della composizione e raffigura Psiche, venerata come una dea
per la sua bellezza. Gli altri dipinti, di cui solo uno noto e conservato in collezione privata, erano
opera di Francesco Menzocchi. Ai lati delle finestre, due candelabri con uccelli e pesci richiamano
le decorazioni delle Logge Vaticane a Roma e furono realizzate da Camillo Mantovano negli anni
60 del ‘500
10. PORTEGO E DOMUS GRIMANI
Il grande salone passante è denominato portego, secondo la tradizione della casa fondaco
veneziana. È infatti l'ambiente che più di tutti ricorda il passato medievale dell'edificio. Qui erano
ospitati, in grandi cornici a stucco, i ritratti dei membri illustri della famiglia e si svolgevano feste,
banchetti e rappresentazioni di teatro musicale, arte nella quale i Grimani furono importanti
mecenati.
Inizia ora il percorso dell'esposizione “Domus Grimani 1594-2019. La collezione di sculture
classiche a Palazzo dopo quattro secoli”, realizzata in collaborazione con la Fondazione Venetian
Heritage e Civita Tre Venezie, che si configura come un vero e proprio riallestimento di alcune sale
del palazzo, e in particolare della Tribuna. È stata infatti riportata a Palazzo Grimani una parte
considerevole dell'originaria collezione di antichità del patriarca Giovanni, da questi donata alla
Serenissima Repubblica nel 1587 (oggi parte del Museo Archeologico Nazionale). Nelle sale del
percorso alle opere antiche si uniscono bronzetti, dipinti, arazzi, elementi di arredo, in un insieme
che intende rievocare l'atmosfera di una dimora patrizia cinquecentesca.
Ai lati della porta d’accesso al Camaron d'Oro sono collocati due busti in bronzo del secolo XVI,
provenienti dal monastero di San Giovanni in Verdara a Padova, raffiguranti l’imperatore Adriano e
l’imperatrice Sabina in veste di Cerere. Una volta entrati, vi chiediamo di proseguire subito verso la
sala successiva.
11. SALA A FOGLIAMI
Il soffitto di questa stanza, eseguito nei primi anni Sessanta del Cinquecento da Camillo
Mantovano, è ricoperto da una spettacolare decorazione che celebra la natura rigogliosa di piante e
fiori, con un fitto giardino abitato da numerosi animali, frequentemente in attitudine predatoria e
ricchi di significati simbolici. Nelle lunette sormontate da grottesche, complesse figurazioni in
forma di rebus alludono a un lungo e travagliato processo per eresia subito dal patriarca Giovanni
Grimani, che segnò la sua vita negandogli l'accesso alla carriera cardinalizia. Attraverso la
trasposizione in allegoria della sua vicenda umana del patriarca, la decorazione tratta il tema della
eterna lotta tra bene e male, dell’affermazione della giustizia divina alla fine dei tempi e dell’attesa
dei giusti rispetto al riconoscimento della loro condizione, non senza sofferenze e patimenti. Alle
pareti, due ritratti di famiglia con Antonio Grimani (a destra) e Domenico e Marino Grimani (a
sinistra). La sala espone inoltre preziosi contenitori utilizzati per ospitare raccolte di gemme,
monete e cammei, dei quali i Grimani erano appassionati collezionisti.
12. ANTITRIBUNA E TRIBUNA
L'Antitribuna è tornata recentemente ad ospitare la tela – in una copia di pregio realizzata da
Factum Foundation – che caratterizzava il tondo al centro del soffitto, ispirato al Pantheon. Il
dipinto raffigura La disputa tra Minerva e Nettuno per il dominio dell'Attica, l'originale realizzato
da Giuseppe Porta detto il Salviati e oggi conservato al Musée Jacquemart-André di Parigi. Da qui
si accede al luogo più importante e significativo della casa, vero fulcro e meta ultima dell’itinerario
lungo le sale che la precedono: la Tribuna Grimani. Tale ambiente, già noto come Antiquarium, in
origine custodiva più di centotrenta sculture antiche, fra le più pregiate della raccolta. Sormontato
da un lucernario con lanterna che assicurava una costante illuminazione naturale, venne rivestito da
marmi a creare un numero eccezionale di spazi e supporti – nicchie, timpani, mensole - nei quali
inserire i marmi antichi, seguendo un percorso ascensionale che conduceva al Ratto di Ganimede al
centro del soffitto. La varietà delle fonti architettoniche (il Pantheon, l'architettura
michelangiolesca) fa pensare a un coinvolgimento diretto dello stesso Giovanni Grimani nella
progettazione.
13. CAMARON D’ORO
La sala è così chiamata fin dal XVI secolo per gli arazzi impreziositi da filati d’oro che un tempo ne
ricoprivano le pareti; si riconoscono, provenienti dalla collezione di Giovanni Grimani, il busto di
Atena, la statua di Camillo e la testa di Mercurio (un tempo riunite) e l'Eros dormiente sul possente
tavolo ligneo cinquecentesco, con una serie di preziosi bronzetti. La statua in gesso raffigurante
il Gruppo del Laocoonte è un rarissimo calco settecentesco della notissima scultura del I secolo a.C.
che grande interesse suscitò nel cardinale Domenico Grimani. Il gruppo, ritrovato a Roma nel 1506
presso le Terme di Tito, è conservato ai Musei Vaticani.