Autore Molière
traduzione Cesare Garboli
ideazione Marco Martinelli e Ermanna Montanari
spazio Edoardo Sanchi
luci Francesco Catacchio e Enrico Isola
musiche originali Davide Sacco
costumi Paola Giorgi
direzione tecnica Enrico Isola
regia Marco Martinelli
Con
Loredana Antonelli Felicetta
Alessandro Argnani Valerio
Luigi Dadina Mastro Giacomo
Laura Dondoli Claudia
Luca Fagioli Mastro Simone
Roberto Magnani Cleante
Michela Marangoni Frosina
Marco Martinelli Anselmo
Ermanna Montanari Arpagone
Alice Protto Mariana
Massimiliano Rassu Saetta e un commissario
Laura Redaelli Elisa
In questa commedia sul denaro, il denaro non c'è. Se ne parla sempre, ma non c'è. Meglio: non si vede. E' invisibile, come un dio. E' il dio di quella miserabile religione di cui Arpagone è l'officiante. E' un fantasma che circola tra gli esseri umani in carne e ossa. E' sottoterra, sepolto in giardino.
Se tutti sono avidi e avari, è sorprendente il monologo di Arpagone che chiude il quarto atto. Nel suo andamento psichico, in quel parlarci nel buio, dal buio: 'povero mio denaro, amico mio caro... se tu non ci sei... è finita per me, non so che cosa fare al mondo'. Arpagone ci parla come un innamorato. Il malvagio estrae dalla sua perdita, dalla sua ferita, degli accenti toccanti. Chiede al buio della platea di essere 'resuscitato'. Non abbiamo alterato la traduzione di Cesare Garboli, e i cinque atti ci sembrano scritti ieri.
Oggi.