Di: Giorgio Sangati. Con: Giacomo Rossetto. Regia: Giorgio Sangati
Malabrenta racconta la storia della più potente organizzazione criminale del Nord Italia dal dopoguerra, “la mala del Brenta”. Siamo nella periferia veneta degli anni 80’, durante il contradditorio miracolo del nord-est dei capannoni come funghi. Felice Maniero raduna attorno a sé una banda di delinquenti pronti a tutto pur di fare soldi facili: sul modello della mafia e della camorra dà origine a un mito tra la timida gente della campagna che stenta a identificarsi con lo Stato. A parte la mente, lo stravagante Felice, i protagonisti sono giovani semplici, sfuggiti a un destino in fabbrica, abituati al “tasi sempre”, e semplice è anche il protagonista di “Malabrenta”, tanto da non avere neanche un nome, uno di cui non si ricorderà nessuno. Il suo racconto ripercorre l’intero percorso dell’organizzazione dagli occhi di chi ha segato sbarre, di chi ha sparato in testa, di chi ha maneggiato lingotti d’oro, di chi è finito in carcere, di chi, a differenza di Felice, ora libero con la legge sui pentiti, ha pagato e sta pagando per le sue colpe.
Malabrenta, sia chiaro, è solo un’ipotesi, una storia inventata, ma inventata a metà: tutti i rifermenti a cose e persone non son affatto casuali. E’ un tentativo di dare pensieri e corpo a una vicenda non del tutto chiara che racconta la deriva morale di una regione distante dai riflettori. In scena non c’è Maniero, ma l’amico d’infanzia, le sue parole vomitate dalla galera dove consuma la sua vita. I pochi oggetti della cella sono più che sufficienti ad evocare i luoghi, le imprese, l’onnipotenza che viene dal vuoto. Con lui un musicista e la sua chitarra, a ricordarci come il passato può essere lontano e vicino allo stesso tempo. Malabrenta è una leggenda recente è come tutte le leggende ha un fondo di verità impalpabile, nella sua semplicità dice quello che non si può dire, quello che, forse, può servire a evitare che si ripeta.