Bonifacio, un giovane disegnatore appena diplomato,
sta per entrare a far parte di una grande industria, ma il lavoro non lo entusiasma affatto. Le sue idee e le sue fantasie lo portano al contrario verso posizioni del tutto anarchiche. Il giovane ribelle, disilluso, pertanto, vaga senza meta per Venezia, respingendo mentalmente ogni tipo di
autorità costituita e il sistema stesso, che dovrebbe
inglobarlo. Si tratta di un titolo illuminante: una critica
alla follia del lavoro inteso come sfinimento, nel contesto di una macchina produttiva che non appartiene a chi opera, bensì a chi possiede. Il film è un inno controcorrente alla creatività, alla non ripetitività, all’invenzione intellettuale. La concatenazione dell’immagine, il montaggio di scene stralunate ma disegnate con rigore classico, la ricchezza di significati simbolici e di riferimenti emblematici riferiti alla condizione sociale del
momento tessono la struttura dei primi film di Brass, quelli che compongo il suo primo periodo, considerato vicino al surrealismo e catalogato in quel genere che fu, negli anni Sessanta e Settanta, il film di “rottura”.