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PIETRO BEMBO e l’invenzione del Rinascimento. Da Bellini a Tiziano, da Mantegna a Raffaello.

Presentazione della Mostra 'PIETRO BEMBO e l’invenzione del Rinascimento. Da Bellini a Tiziano, da Mantegna a Raffaello.' che si tiene a Palazzo del Monte di Pietà, a Padova, dal 2 febbraio al 19 maggio 2013.

Bembo nasce a Venezia nel 1470 e nella sua città vive esperienze ed incontri fondamentali per la sua formazione ed interagisce con artisti: in particolare con Aldo Manuzio, Giorgione e con Giovanni Bellini. La mostra racconterà questi legami attraverso opere di grande interesse. Dopo il tirocinio umanistico, Bembo si volge verso la letteratura volgare: egli si applica ai grandi testi di Dante e Petrarca, con la medesima cura filologica con cui si era accostato ai classici greci e latini. Ne sortiscono così il Canzoniere di Petrarca (in mostra l’esemplare di Isabella d’Este, dalla British Library di Londra) e la Commedia di Dante in due edizioni nate dalla collaborazione con ALDO MANUZIO. Esse sono una grande innovazione anche sotto il profilo tipografico: Aldo vi adotta infatti, come già nel Virgilio, un formato “tascabile”, ispirato ai codici di piccolo formato che aveva avuto modo di vedere nella biblioteca dei Bembo, e vi impiega per la prima volta nella stampa un carattere modellato sulla corsiva umanistica. E’ una vera e propria rivoluzione: il libro esce dalle aule universitarie, si libera della zavorra di commenti e glosse e si offre ai lettori nella purezza dei testi, in un formato maneggevole. I libri portatiles di Aldo, costosissimi come avrà a lamentarsi anche Isabella d’Este, diventano status symbols, proprio come vediamo nel ritratto di giovane uomo di San Francisco di Giorgione (dal San Francisco Museum of Art), dove l’effigiato, con il guanto tagliato per poter meglio sfogliare le pagine, sta meditando su quanto ha appena letto. L’assorto gentiluomo di GIORGIONE rappresenta in tutto una nuova generazione di aristocratici veneziani che sempre più si sentono estranei al tradizionale cursus honorum dei padri, nel quale lo studio delle lettere costituiva soltanto un nobile completamento dell’attività politica e diplomatica. Il giovane Bembo, insieme ad alcuni amici, condivide questa nuova sensibilità e sente sempre più distante dall’orizzonte delle proprie aspirazioni l’impegno nella vita pubblica. Una serie di insuccessi patiti nell’ottenimento di incarichi diplomatici segnano in maniera drammatica la frattura fra padre e figlio e determinano la scelta di Pietro di trascorrere sempre più tempo lontano da Venezia. Egli passa lunghi periodi alla corte degli Este a Ferrara, ospite dell’amico Ercole Strozzi nella sua villa di Ostellato, e qui rimette mano e completa la stesura di un libro di dialoghi in volgare dedicati all’amore, che diventeranno gli Asolani, significativamente ambientati in un’altra corte, quella della regina Caterina Cornaro nelle campagne attorno ad Asolo (in mostra il manoscritto preparatorio dalla Querini Stampalia). Lavinello, Perottino, Gismondo, i tre protagonisti maschili degli Asolani, impersonano i diversi volti dell’amore, le sue ansie, le sue esaltazioni, i suoi turbamenti; nello stesso momento i ritratti enigmatici di Giorgione abbandonano le convenzioni della ritrattistica ufficiale veneziana per esprimere, in una misura fino ad allora sconosciuta nella pittura, umori e tremori di una nuova generazione di aristocratici sofisticati e ipersensibili. E’ il tempo della “compagnia degli amici” e delle sue regole da affiliati di società segreta che legano Bembo ai suoi più intimi sodali. La composizione degli Asolani si intreccia con brucianti storie d’amore che Pietro vive dapprima con una misteriosa gentildonna, poi con Maria Savorgnan, e infine con la duchessa di Ferrara Lucrezia Borgia, cui dedicherà nel 1505 la prima edizione a stampa. Se il clima rarefatto dei dialoghi evoca irresistibilmente la temperie giorgionesca, esistono d’altra parte ben documentati rapporti di Bembo con il patriarca riconosciuto della pittura veneziana, GIOVANNI BELLINI. E’ a lui, “il mio Bellin”, che Pietro dedica due sonetti che celebrano il ritratto dell’amata eseguito dal grande pittore, in un sottile gioco di rimandi ai famosi sonetti di Petrarca in lode del ritratto di Laura di Simone Martini. E Bellini da par suo, senza temere il confronto con i maestri della giovane generazione, al Bembo e ai suoi amici, come il dotto agostiniano Gabriele Dalla Volta, fa anche i ritratti intrisi di una dolce e pensosa malinconia (in mostra da Collezione privata italiana).

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Ticket: ingresso libero
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Fondazione Querini Stampalia
Campo Santa Maria Formosa Castello 5252 - 30122 Venezia
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