Un immenso zampone di plastica sospeso a mezz’aria accoglie Amelia al suo arrivo alla Stazione Termini di Roma. È periodo natalizio, la città è piena di enormi manifesti pubblicitari che inneggiano al cibo, così come fanno gli spot che si susseguono a ripetizione su schermi televisivi
onnipresenti. E appunto per motivi televisivi è giunta a Roma la spaesata Amelia. Deve ripetere, nel corso di una trasmissione natalizia, il numero che, molti anni prima, I’aveva resa famosa: I’imitazione di Ginger Rogers e Fred
Astaire. Fred, al secolo Pippo Botticella, lo incontra solo più tardi, nell’albergo che ospita l’incredibile varia umanità protagonista della stessa trasmissione televisiva.
Il giorno seguente negli immensi studi di Telecittà, Ginger e Fred, tra un numero di suonatori-ballerini nani, un’esibizione di un parlamentare in digiuno da quaranta giorni, un travestito- missionario delle carceri etc., ripetono la loro vecchia imitazione. Ed è proprio mentre
ballano che un improvviso guasto elettrico li mette, nel buio più completo, l’uno di fronte all’altra. Tornata la luce, terminano in bellezza il loro numero, riscuotendo un grande successo. La sera stessa Amelia riparte, mentre Pippo
decide di fermarsi qualche giorno a Roma, alla ricerca, come sempre, di qualcosa di nuovo. Complesso ed intrigante Ginger e Fred è un film pieno di fascino. Fellini è Fellini, e questa - al di là delle apparenze - non è una tautologia,
ma l’universo creativo del regista riminese si dimostra ancora una volta capace di innovarsi continuamente.