Il teatro è sempre un atto politico. Il teatro è specchio della società, luogo per una nuova riflessione, per l'apertura di un dibattito, per l'accensione di menti e riflettori.
Le mie viscere si aggrovigliano e il mio stomaco agitandosi si domanda: Che senso ha fare teatro in un contesto nazionale in cui pare che la cultura non serva, in cui l’arte non sembra più rinnovare i popoli e rivelarne l’essenza? Che senso ha fare teatro in quest' era culturale in cui ogni forma di libera espressione viene “invitata” a tacere se si permette di provare ad aprire gli occhi e a stimolare le menti? Che senso ha fare teatro in un momento storico in cui gli uomini non riescono, perché confusi, o non vogliono, perché corrotti, vedere le verità e le falsità, i buffoni e i caporali, burattinai e burattini, giochi di potere e messe in scena? Che senso ha fare teatro in un contesto mondiale che vede ancora, e sempre di più, certe logiche perverse tese al profitto avere la meglio sul resto? Come Isaac Newton un giorno come altri mi cade sulla testa l'Hamletmaschine di Heiner Muller: mi ubriaco di questo testo divorando a sua volta l'Hamlet di William Shakespeare, per poi digerire ed espellere 'TO PLAY OR TO DIE_ this is the question … today', una drammaturgia che del testo di Muller assume la forza e il carattere e da quello di Shakespeare ne ruba il plot narrativo.