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Ana Valter. L’incubo di Colombo

In mostra un’installazione che occupa quasi per intero lo spazio espositivo: entrando lo spettatore si trova catapultato in un mondo onirico, fatto di contorni di oggetti, parole e animali.

Valter costruisce in tondini di ferro battuto i profili di un enorme acquario e tutto ciò che “abita” il suo interno: una barchetta, le alghe, le onde, uno strano pesciolino, un grande fenicottero, una bottiglia, lettere apparentemente sparpagliate, che vanno a costruire la frase “according to Botswy it's just like waves”, formiche.

L’installazione è un groviglio di (di)segni tracciati nell’aria e materializzati, con i quali lo spettatore può intessere una relazione; vi si può infatti girare attorno, ma anche entrare, passarvi attraverso. Lo spazio sacro diventa quindi contenitore di un contenitore; Valter non realizza l’opera “per” l’Oratorio di San Ludovico, ma “con” l’Oratorio di San Ludovico, coinvolgendo lo spazio nel suo gioco e mantenendo al tempo stesso un atteggiamento di reverente distacco: una piccola colonia di formiche avanza lentamente verso l’altare… L’artista lavora con materiali e soggetti che le sono propri, ma stavolta si cimenta sulla grande scala. Così anche le molteplici narrazioni che ci offre non sono più intime e quotidiane, ma diventano epopea, come quella di Colombo alla scoperta dell’America, di un nuovo mondo che nel pensiero dello scopritore era straordinario e fantastico.

Ecco l’incubo del nuovo Colombo, che è l’artista e attraverso l’artista anche noi spettatori: incubo perché il viaggio verso l’ignoto comporta sempre un alto indice di rischio e qui l’ignoto sono i nostri sogni e le nostre fantasie. Come un sogno o un’allucinazione, l’installazione di Valter procede dal non-sense, dall’accostamento bizzarro, si rifà all’automatismo psichico surrealista, e in definitiva rappresenta l’inesausta ricerca di una limpida libertà espressiva. Una riferimento autobiografico sono le parole: “according to Botswy it's just like waves” (secondo Botswy è semplicemente come le onde): una sentenza emessa da un amico di Valter, sul suo lavoro e il suo modo di vedere le cose. Secondo questa interpretazione, Botswy (= l'artista, Ana Valter) pensa alla vita come un continuo su e giù, che sono i nostri alti e bassi, ma è anche qualcosa di più: ondeggiare, cullarsi, dormire e risvegliarsi, essere linea di confine tra la luce e le tenebre, contenere infiniti mondi da scoprire.

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Ticket: consulta il sito della mostra
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Oratorio di San Ludovico
Calle dei Vecchi, Dorsoduro 2552 - 30123 Venezia
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