theatre
Fango e Cognac - La Guerra in Altipiano

Regia e drammaturgia Giorgio Sangati ispirato a “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu

Quella narrata è la storia minore, che solitamente si perde che ci racconta del logorio di trincea, della dipendenza dall’alcool, della morte per fuoco amico, della voglia di diserzione ma è anche una storia di amicizie, di affetti e di tutto quanto la guerra, in ogni tempo e luogo cancella e schiaccia senza alcun diritto trasformando la vita in orrore. Si racconta un anno, un anno solo e su un solo fronte, quello dell’Altipiano di Asiago, svuotato come una cartina. E su questa cartina immaginaria si muove l’attore, entro i contorni costretti della vita di guerra. Pochi oggetti come compagni: borracce, baionette, un pacco di lettere; e il racconto emerge a brandelli, non è lineare, è rotto, frammentato, schegge drammatiche, divertenti. All’attore l’arduo compito di essere un uomo, niente più di un uomo, perché in questo sta la profondità del racconto, nel fare a pezzi i giudizi e non dimenticare mai che sotto le divise, che sotto i nomi, le nazionalità, in fondo non ci sono che uomini.

“Di spettacoli, recital, reading e quant’altro sulla prima guerra mondiale, a cent’anni dal suo avvio, c’è da star certi che ne vedremo tanti, con caratteristiche diverse e diversa qualità. Le prime produzioni sono già in movimento e una di queste, “Fango e cognac. La guerra in altipiano” è firmata da Teatro Bresci, tra le giovani realtà più valide della scena nazionale, con Giorgio Sangati alla regia e Giacomo Rossetto come interprete: lucido e rigoroso il primo; concentrato, solido ed efficace come sempre (da “Malabrenta” al recente “Sior Tita paron” dello Stabile del Veneto) il secondo. “Fango e cognac” è monologo ben pensato, essenziale ma curato nell’allestimento e tutto giocato sulla parola, protagonista assoluta del racconto di un tenente che dal Carso viene spedito con la sua compagnia sull’Altipiano di Asiago, dove resterà per circa un anno per poi essere destinato ad un altro fronte e ad un altro altipiano, quello della Bainsizza. (...) “Fango e cognac” raggiunge lo scopo che si è prefissato e che dovrebbero far propri tutti gli eventi che verranno dedicati al conflitto: mettere in chiaro che non c’è niente da celebrare, ma solo morti da piangere. E che i morti non hanno divise: sono solo uomini, figli, padri, mariti, fidanzati, gente strappata alla propria vita, alle proprie case e ai propri sogni, e scaraventata in una non-vita fatta di attesa di una morte che si finisce con l’accettare come inevitabile, e intrisa di follia, disumanità, dolore. Il cognac allora aiuta, anche se “prima” non hai mai bevuto: aiuta a dimenticare il fango, quello della trincea e quello di un’umanità che nega se stessa. L’uomo sotto la divisa è l’oggetto del lavoro di Teatro Bresci. A Rossetto bastano un fascio di luce e pochi oggetti racchiusi in una cassa di legno verde militare. Recita senza enfasi, con voce che dall’inizio si fa solo via via più bassa, stanca e asciutta, rompendosi appena a tratti, quando il dolore è troppo forte da trattenere, nel ricordo della madre, di una ragazza bionda, di un amico morto per i giochi di guerra di alti ufficiali idioti e tronfi, esaltati e codardi. (...)

Alessandra Agosti - Il Giornale di Vicenza

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