Proseguendo la fattiva collaborazione con l’Archivio della Comunicazione del Comune di Venezia, la Casa del Cinema ospita una nuova mostra fotografica d’ambientazione veneziana: Luci, sguardi e zucchero filato. Giostre e giostrai a Venezia. 1957 – 1962.
La mostra prosegue nel lavoro di ricerca, archiviazione e valorizzazione del vasto e spesso inesplorato patrimonio fotografico degli autori veneziani che, nel corso della seconda metà del Novecento, hanno documentato “per immagini” Venezia e il suo territorio, l’economia e la società.
Il progetto fotografico portato avanti da Gigi Ferrigno, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, sul “Luna Park” di riva degli Schiavoni e in altri campi veneziani che allora ospitavano le “giostre”, aveva scopi di documentazione sociale e d’intima indagine sull’uomo e sulla dignità della persona, sui suoi riti e sul “tempo lento” che ne scandiva il ritmo della vita. Non si trattava dunque di esercizio tecnico ed estetico fine a se stesso, ma di vera e propria presa di coscienza di un nuovo modo di fare fotografia, secodo i dettami della fotografia sociale d’oltreoceano ma senza ignorare le correnti sperimentali già affermate a livello internazionale.
Sono esposte in mostra una trentina di fotografie che ci raccontano, o ci ricordano, la “magicità” del Luna Park. Nelle fotografie di Ferrigno scopriamo così un mondo di luci, sguardi e zucchero filato, riflessi e “storie umane” che allo sguardo del visitatore potranno sembrare perfino surreali. Un mondo semplice e spontaneo che non può non farci pensare a un certo neorealismo nel cinema, per dichiarata ammissione dello stesso Ferrigno. Dall’Arsenale sino a San Zaccaria: un chilometro continuo d’intreccio di tubi e di baracche in ferro e legno, di fili elettrici e di “scintille”, di barchette e di ottovolanti, di fucili ad aria compressa e di pesciolini rossi, di odori di olio bruciato e di profumo di frittelle e zucchero filato.
Fotografie veloci, per lo più scattate di sera senza cavalletto e senza flash che altrimenti, come dice Ferrigno, rischiava di “congelare troppo l’immagine”. Immagini dove l’attimo colto al volo arricchiva di un valore estetico ed innovativo quel certo “mosso” e gli effetti stranianti che questo rimandava sulla carta fotografica: spettacolari e quasi simboliche le scintille ed i riflessi dell’automobile in curva sull’autodromo elettrico, alla guida un confuso soggetto maschile che, pur senza averne noi la certezza, pare fissare l’obiettivo del fotografo, impressionando la pellicola e restituendoci un’incredibile fotografia di grande dinamismo e suggestione quasi futurista.