Correva l’anno 1957 e un giovane studente
americano di belle arti, con una passione
per Venezia nel cuore e ogni intenzione
di completare gli studi anche per evitare di
essere richiamato e mandato a combattere
in Corea, ebbe un’idea originale. Propose
ai suoi docenti della Scuola di Cinema alla
University of Southern California di
presentare come tesi di laurea un vero e
proprio film, in cui avrebbe raccontato la
storia di Venezia attraverso l’arte. Gli chiesero
chi avrebbe partecipato al film, e il
giovane rispose: “Bellini, Carpaccio, Veronese,
Tintoretto, Canaletto, Tiepolo, Turner....”,
che in effetti furono gli unici compagni
di questo giovanotto armato di cinepresa
e abnegazione, pronto a sfidare i
rigori dell’inverno veneziano e la solitudine
di una città che però gli concesse di
puntare sei potenti riflettori sui teleri del
Carpaccio. Il risultato fu un documentario
chiamato Venezia: temi e variazioni,
che vedremo al Teatro Goldoni mercoledì
25 marzo nella giornata inaugurale del festival
letterario Incroci di civiltà. Chissà se
questo giovane americano avrebbe pensato
di vedersi più di mezzo secolo dopo come
regista di fama internazionale ricevuto
con tutti gli onori alla Mostra del Cinema.
In mezzo ci sono state vicende umane e
professionali molto note: i tanti, raffinatissimi
film; un lunghissimo sodalizio
umano e artistico con il produttore indiano
Ismail Merchant, fino alla scomparsa
di quest’ultimo dieci anni fa; l’incontro
con grandi classici della letteratura trasformati
in film capaci di resistere all’accusa di
inadeguatezza puntualmente rivolta agli
adattamenti; il confronto con altri viaggiatori
affascinati dall’Italia, da E. M. Forster
a Kazuo Ishiguro. Per James Ivory il
cinema è sempre stato connubio tra arti,
pittura o letteratura, mai disgiunto da un
coinvolgimento emotivo che impedisce lo
scivolamento in un estetismo fine a se
stesso.
Ivory continua a tornare nella nostra città,
ogni volta abitando in un luogo diverso,
come ha poeticamente raccontato nella
sua introduzione a Vivere a Venezia di
Toto Bergamo-Rossi. Ai suoi ammiratori
può rimanere il grande rimpianto di un
progetto veneziano mai realizzato, un
film ispirato al Carteggio Aspern di Henry
James, alla cui sceneggiatura aveva lavorato
senza completarla l’altra sua sodale storica
Ruth Prawer Jhabvala. Ma c’è anche
la promessa di una nuova affascinante
opera, attesa per il 2015: un Riccardo II di
Shakespeare, che non esclude di girare in
digitale, a dimostrazione che James Ivory
non ha ancora smesso di viaggiare ed
esplorare. (Testo di di Shaul Bassi)