V.S. Gaitonde. Pittura come processo, pittura come vita

Dal 3 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016, la Collezione Peggy Guggenheim presenta V.S. Gaitonde. Pittura come processo, pittura come vita. Con oltre 40 dipinti e opere su carta provenienti dalle più importanti istituzioni pubbliche e collezioni private tra Asia, Europa e Stati Uniti, si tratta della prima retrospettiva mai realizzata, dedicata all’artista indiano Vasudeo Santu Gaitonde (1924–2001). Con una carriera artistica che non ha pari nella storia dell’arte moderna del Sud-Est asiatico, il lavoro di Gaitonde presenta un’opportunità senza precedenti di esplorare l’arte moderna indiana che caratterizzò i centri metropolitani di Bombay (oggi Mumbai) e New Delhi dalla seconda metà degli anni ’40 alla fine del XX secolo. Venezia è la seconda tappa della mostra, precedentemente presentata al Solomon R. Guggenheim di New York (24 ottobre 2014 – 11 febbraio 2015).

V. S. Gaitonde è stato un artista di eccezionale levatura, noto agli artisti e agli intellettuali della sua epoca, così come agli studiosi e ai collezionisti della generazione successiva, per la sua assoluta integrità di spirito e di scopo. Nato a Nagpur, in India, nel corso di tutta la sua carriera rimane un pittore indipendente, nonostante agli inizi degli anni ‘50 si avvicini ai collettivi dell’avanguardia di Bombay. La mostra alla Collezione Peggy Guggenheim ripercorre le tappe della sua carriera artistica, dalle prime composizioni figurative a tecnica mista, agli acquerelli ispirati a Paul Klee, passando attraverso le tele degli anni ’60 -’70 che maggiormente lo contraddistinguono, fino ad arrivare alle ultime opere degli anni '80 e '90. Partendo da Klee, verso la fine degli anni '50 la sua opera si fa sempre più non-rappresentativa, anzi, per usare le sue parole, non-oggettiva. Questa sua virata verso l’astrazione riecheggia i principi artistici esposti da Vasily Kandinsky e su cui si basa l’origine stessa del Guggenheim di New York quale Museo della Pittura Non Oggettiva, combaciando inoltre con l’interesse dello stesso Gaitonde per il buddismo Zen, la sua etica e la sua pratica creativa. Basso, un pò tarchiato, autocritico, ma anche sicuro di sè, Gaitonde rifiuta il sentimentalismo, nella vita come nell'arte. Come afferma il pittore Krishen Khanna 'C’è un legame fortissimo tra il modo in cui Gaitonde pensava e viveva e il modo in cui dipingeva”. Oltre all’arte, Gaitonde ama la poesia vernacolare indiana, il cinema, la letteratura e il teatro internazionali, la musica classica occidentale, i sistemi del pensiero filosofico orientale. Credendo fortemente nell'importanza del momento presente e nell'intimità del rapporto tra il pittore e il quadro, la carriera di “Gai”, così era chiamato dai colleghi, artista intrepido e influente, non ha eguali nella storia dell'arte moderna dell'Asia meridionale. Ciò nonostante la sua carriera rimane ancora poco studiata nella storia dell’arte del XX secolo. Con molte opere inedite, mai esposte prima al pubblico, la mostra rivela l’uso straordinario di Gaitonde della linea, della forma e del trattamento della superficie pittorica, oltre all'impiego di elementi simbolici e della calligrafia, in opere che brillano di luce propria. Sebbene la genesi dei suoi lavori potesse durare dei mesi, Gaitonde accetta che il caso e il gioco entrino a far parte del risultato finale. Nei primi anni '60 inizia a creare forme astratte attraverso un processo di “rimozione”, impiegando prima spatole e rulli e poi pezzi strappati di giornali e riviste. Le opere assumono una grande leggerezza, nonostante la loro matericità ne asserisca la fisicità. A metà degli anni ‘60 Gaitonde si reca a New York, grazie a una borsa di studio messa in palio da Rockefeller, e qui viene immortalato dal fotografo Bruce Frisch nel suo studio al Chelsea Hotel nel gennaio del 1965. Una parte di questi scatti, raramente esposti, saranno in mostra alla Collezione Peggy Guggenheim proprio in occasione dell’esposizione, in format digitale.

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