La mostra presenta oltre centotrenta opere - oli, tempere, disegni a matita, schizzi e studi
preparatori, grandi dipinti e piccole tele - alcune mai esposte al pubblico finora e realizzate negli
ultimi dieci anni di attività dell’artista bosniaco, protagonista drammatico e magistrale della
figuratività odierna.
Dotato di un talento precoce e straordinario, Zec rimanda ad ascendenze classiche, da Tintoretto a
Palma il Giovane, da Caravaggio fino a Freud; mostra la sicurezza linguistica degli antichi maestri e,
insieme, l’ansia di ricerca di un indagatore solitario e la frenesia dello sperimentatore.
La quantità e la qualità della sua produzione finita e non-finita è sorprendente, ma la trasparenza è
cristallina, il controllo totale, singolarmente lucido e razionale.
Ancora, Safet Zec è forse il più importante rappresentante della riflessione sulla tragedia di un
popolo e sulle sconfinate possibilità della pittura da un lato di partecipare al suo strazio, dall’altro di
fornire letture poetiche di un mondo quotidiano.
Lungo nove sale al secondo piano del Museo Correr, il percorso si snoda in sequenze
tematiche di estrema suggestione.
La prima grande opera, Facciata veneziana (tempera e acrilico su carta, cm 120x350) testimonia il
legame e l’appartenenza dell’artista alla città che lo ha accolto quando la guerra nell’ex Jugoslavia
lo costrinse nel 1992 alla fuga da Sarajevo. Seguono poi le immagini, le atmosfere, gli strumenti
dell’atelier veneziano, suo spazio e mondo, rifugio e origine di un’esistenza e di un’ attività artistica
che rinascono e si rinnovano.
Alle vedute di una Venezia “minore”, struggente nella sua autenticità, si succedono nature morte,
“vite silenziose” nella definizione di Zec, barche e porte, oggetti dimenticati, ceste, pennelli, colori,
corde, taglieri, specchi. E forme di pane di suggestione sacrale.