Nel suo lavoro,
l’artista, fedele ad una sempre più pressante estetica del recupero, in una devozione di
matrice ecologica, utilizza gli scarti, materiali “rifiutati” dal processo produttivo che
trasforma ed elabora, ridonandogli una nuova dignità, elevando così il relitto a “reliquia”.
L’aspetto concettuale di questo procedere è metafora di un muoversi dell’esistenza umana in
un’ottica spirituale in cui “errori”, rotture, imperfezioni, diventano occasioni di crescita.
L’esposizione trova l’innesto ideale nello splendido contesto dell’Arsenale, in un’area di
Venezia che è contenitore - si direbbe post-industriale - di reperti che sopravvivono all'usura
dei secoli.