A partire dai lavori ormai classici di Weinreich, pubblicati negli anni Cinquanta del secolo scorso, il
contatto fra lingue e le sue implicazioni socioculturali costituiscono un argomento privilegiato della sociolinguistica e della sociologia del linguaggio. Numerosi sono gli studi dedicati ai fenomeni d’interferenza in varietà contemporanee, siano esse lingue standard, dialetti o socioletti. Scarseggiano, invece, le ricerche su
situazioni di contatto tra varietà antiche, ciò che si spiega per più di un fattore: la difficoltà di elicitare dati relativi alle lingue del passato, le cui principali testimonianze sono documenti scritti, distanti dall’oralità e limitati per argomento e per genere; la non sempre facile interpretazione della corrispondenza tra grafie e rispettivo
valore fonologico; la frequente impossibilità di conoscere gli autori dei testi e le loro biografie. In questo
intervento si prenderà in considerazione un caso tra i più interessanti fra quelli d’interazione tra lingue e culture
nel Medioevo: il regno di Cipro. Fondato nel 1192 come appendice dei possedimenti crociati in Terrasanta, il
regno sopravvisse fino al 1489, quando Cipro passò allo stato da mar di Venezia. Nei circa tre secoli di esistenza
del regno, un esiguo numero di dominatori occidentali, per lo più francofoni, si mischiò gradualmente con la
popolazione locale, che parlava un dialetto greco: al processo presero parte anche altri gruppi etnici e linguistici, come i siriani, gli armeni e i mercanti italiani. Il risultato fu la formazione di un nuovo gruppo dirigente francogreco-siriano con un ricco repertorio linguistico, le cui varietà non erano immuni da fenomeni d’interferenza.
Nell’intervento si cerca dapprima di ricostruire le dinamiche dell’interazione linguistica e le loro
ripercussioni sull’identità culturale di ciascun gruppo; nella seconda parte si esamineranno alcuni testi tre e quattrocenteschi, dai quali emergono le modalità del contatto e i rapporti di forza tra le varie lingue.