Al Casinò di Venezia torna la vivace collana “Occhi aperti su Venezia” di Corte del Fontego con un incontro dedicato ai grandi temi dell’architettura cittadina, partendo da un approccio storico per entrare nel merito dei problemi più scottanti che, quasi ogni giorno, monopolizzano la cronaca.
Al dibattito partecipano: Franco Mancuso, Donatella Calabi, Paola Somma e Giovanni Pelizzato.
I LIBRI
Franco Mancuso, 'Costruire sull’acqua', dispiega la vicenda urbanistica di Venezia, e fornisce uno spaccato sulle “sorprendenti soluzioni adottate nel tempo per far nascere e far crescere la città”: soluzioni ed espedienti che si susseguono per secoli nella città e nella laguna, arricchendosi e perfezionandosi nelle tecniche e nei linguaggi, in un processo evolutivo che tuttavia si sviluppa all’insegna della continuità.
Calabi D., Moracchiello P., 'La piazza di Rialto', analizza uno dei poli di questo processo – sicuramente il più importante – e ne rivela il ruolo nella formazione della città: il carattere della continuità/evoluzione è soprattutto evidente nella ricostruzione cinquecentesca dell’area e del ponte (dopo il grande incendio del 1514): sia nella riconferma del disegno urbanistico precedente, e sia nelle soluzioni tecnologiche adottate per il nuovo ponte (le palificate per le fondazioni, ancorché intelligentemente adattate al sostegno di un manufatto così imponente). E, più in generale, nella continuità degli usi e delle funzioni, fino a oggi.
Franco Mancuso, 'Fronte del porto' contrappone alla continuità la rottura – la discontinuità – di Venezia “città industriale”, lungo i suoi bordi, e massimamente quello occidentale, verso la terraferma: la modernizzazione, le infrastrutture, la ferrovia, la stazione marittima, le fabbriche. E, da qui, Porto Marghera: le violenze alla laguna, i canali di grande navigazione, gli imbonimenti, la sottrazione delle barene, gli inquinamenti. E, ora, le dismissioni.
Paola Somma, 'Benettown', torna per l’appunto sulle dismissioni: ma quelle di Venezia, perché delinea le vicende della svendita del patrimonio pubblico dismesso della città, oggi più che mai all’ordine del giorno (Fondaco dei Tedeschi). Perché quel felice rapporto continuità/evoluzione – nei ruoli, nelle tecnologie, nell’architettura, nei linguaggi – che aveva caratterizzato per secoli Venezia viene ora negato: con la scomparsa dell’identità dei luoghi svenduti (il Ridotto), e l’efferato ricorso a interventi che cancellano l’identità.