La classe operaia va in purgatorio. Ma lo scopre quando è troppo tardi. Quando ormai ha passato la mezz’età e si è abituata ai suoi minuscoli privilegi da welfare, conquistati a duro prezzo.
Senza accorgersi che all’inferno ormai ci stanno gli altri. I giovani, i precari, i sottoccupati cronici.
Gente che la vecchia coscienza di classe non sa neanche cosa sia, ed è disposta a tutto. Anche a impugnare una pistola e rapinare i compagni. Dignità, integrità, rispetto, solidarietà. Resi urgenti e addirittura palpabili dalle facce, i gesti, gli sguardi dei suoi personaggi. Non solo Michel, così allergico ai privilegi che quando deve tirare a sorte venti compagni da licenziare per una
ristrutturazione mette anche il suo nome nel bussolotto. Ma gli altri, i reietti, i “miserabili”, per dirla con Victor Hugo, a un cui poema (Les pauvres gens) è ispirato questo film. Il giovane ladro che picchia e rapina, in quanto ha due fratellini da accudire. La madre degenere che vomita in faccia le sue «cattive» ragioni all’attonita Marie-Claire. O quell’amico di tutta una vita, che non ha nessuna pietà di quel ladro disperato, anzi gli augura quindici anni di lavori forzati, non di cella con bagno e tv. Finché nel
commovente epilogo tutto torna a posto grazie a un gesto di enorme coraggio individuale, perché non c’è coscienza collettiva se prima non si fanno i conti con la propria. Dice Malraux, citato da Guédiguian: «Un film popolare è quello che rivela alla gente la grandezza che ha dentro». È
esattamente quanto succede qui.
(Les neiges du Kilimandjaro, 2011).
PROIEZIONI 17.30/19.30/21.30