Leonardo da Vinci, preso nel diluvio, si dichiara ambasciatore in Armenia. Dürer, segnato dal suo soggiorno a Venezia, si dipinge in compagnia dei diecimila martiri, vale
a dire sul Monte Ararat. Michelangelo fa il suo autoritratto sulla pelle di San Bartolomeo, l’apostolo degli Armeni, scorticato in Armenia. Le visioni e le profezie di questi artisti maggiori del Rinascimento hanno dunque in comune un luogo, il monte Ararat, l’Armenia. Perché Da Vinci e Dürer hanno scelto di designare, di raccontarsi in quel luogo come di un altrove familiare? E per quale motivo la relazione così forte e stretta che stabiliscono con l’Armenia immaginaria rimane così poco nota, ignorata o addirittura passata sotto silenzio? Chakè Matossian dimostra che l’opera di questi tre artisti non cessa dall’essere guidata da una stessa forza profetica e mistica di cui uno dei sentieri discreti o persino segreti attraversa l’Armenia. Questi artisti, ossessionati dalle forme del diluvio, impossessati dalla questione del divenire delle anime, dal giudizio universale e dalla risurrezione, tessono un legame non solo con Noè salvato sul monte Ararat ma anche, e con più segretezza, con Platone, attraverso il personaggio di Er l’Armeno. Chakè Matossian analizza questi autoritratti in Armenia alla luce di Platone e degli scritti mistici di Guillaume Postel, illuminato a Venezia. Luogo di coincidenza tra l’evanescenza della forma e la vita stessa, tra il genio pagano e il cuore cristiano, tra l’Oriente e l’Occidente, l’Ararat dei pittori si fa luogo di visione del reale.