Danzatore, coreografo, regista, film maker, Wim Vandekeybus appartiene alla fertilissima area fiamminga, da cui provengono tanti nomi della scena contemporanea tra gli anni ottanta e novanta: Anne Teresa De Keersmaeker, Jan Fabre, Frédéric Flamand, Ann De Mey, artisti che, malgrado le differenze, fanno sfoggio di un acceso plurilinguismo.
Wim Vandekeybus, apparso sulle scene alla fine degli anni ottanta con What the Body Does Not Remember, spettacolo dall’impatto travolgente, premiato con un Bessie Award a New York, porta alle estreme conseguenze le premesse di una formazione antiaccademica, modellando una danza talmente aggressiva e adrenalinica da trasformare la scena in un campo di battaglia, dove i corpi, dominati da dinamiche di attrazione-repulsione, sono scossi in un vortice di corse, cadute, lanci, prese rapide, spinte. Un’estetica del conflitto che si incarna in un’umanità ferina, mossa da impulsi istintuali. Spiegel, composto per i vent’anni della sua compagnia - Ultima Vez, fondata nel 1986 - offre un campionario del vocabolario di Vandekeybus, dove diventa sempre più costante l’impiego di altri media, come video e cinema. Monckey Sandwich, presentato nel 2010 al Koninklijke Vlaamse Schouwburg, il teatro reale fiammingo di Bruxelles, è infatti costruito interamente attorno a un filmato. Lo scorso anno Vandekeybus collabora con Cidi Larbi Cherkaoui, per cui aveva già creato un assolo al Festival di Avignone del 2002, a una performance che è una lezione di danza assieme, IT 3.0.
A Venezia e all’8. Festival Internazionale di Danza Contemporanea, Vandekeybus ha riservato il debutto in prima mondiale di booty Looting, così intitolato perché i sei performer coinvolti, cui si aggiungono un musicista e un fotografo, “si rubano l’un l’altro ciò che è già stato rubato”. La sequenza di fermo-immagine che compone il pezzo è così descritta dalle prime note informative della compagnia: “Un mago ha inventato uno specchio dotato di memoria. Guardo dentro e mi ricordo la mia stessa nascita. Il vestito di mia madre. La stanza dell’ospedale. … Del ghiaccio sulla barba. Fiamme tra gli alberi. Due ubriachi che si tengono in piedi appoggiandosi l’un l’altro. Una bambola sporca distesa per strada. Una Mercedes-Benz nuova di zecca, mai guidata. Una bottiglia di vodka passata sul fuoco. … Una foto uccide il presente e congela il passato. I ricordi si radicano in questi momenti congelati e crescono… I corpi si muovono e il sudore gronda mentre all’interno della cornice nulla cambia”.