teatro
Don Giovanni

Avviene spesso che una messa in scena sia dettata dalla spinta di un desiderio che ci fa riconoscere un certo testo drammaturgico come il luogo in cui riposano cose che riguardano la nostra vita o la nostra sensibilità come attori, registi o artisti nel senso più ampio. E ciò sicuramente fa parte del nostro modo di relazionarci con il mondo. Ma nel caso del “Don Giovanni” di Moliere c’è qualcosa che comprende e supera queste istanze, che sì ha a che fare con noi, ma anche con la nostra storia. Moliere scrive il “Don Giovanni” nel 1665: merito del regista Alberto Di Stasio è di avervi visto una chiara anticipazione di ameno un secolo dell’Illuminismo e di una sua deriva che è il libertinismo sadiano . E’ infatti impressionante cogliere nei monologhi del protagonista, e non solo, quei pensieri che furono caratteristici dell’epoca della Rivoluzione, ma ancor di più, della critica all’ottimismo rivoluzionario propria delle opere del Marchese De Sade. Tutto questo, però, rimarrebbe ai nostri occhi di teatranti come un fatto meramente letterario o storico, se non fosse che la nostra lettura sia stata arricchita da quella geniale analisi del Don Giovanni di Mozart fatta da Soren Kierkegaard. Egli, mettendo in evidenza come il Don Giovanni non possa essere colto nella sua verità se non musicalmente e se non come lo ha composto Mozart, ci induce ad una riflessione importante sul nostro ruolo di attori e su come il nostro dire e soprattutto il nostro agire si possano misurare con l’Eros nel suo slancio lirico. Ecco che qui per noi si apre una sfida. Ed è in questa prospettiva che si devono cogliere le ambiguità del testo e della messa in scena: la figura di Sganarello che non può non mostrare la sua natura femminile nella sua incredibile adesione al destino di Don Giovanni, ma che non può neanche totalmente dimenticare se stesso come quella parte della società che coglierà nell’utile e nella prassi la leva per il proprio riscatto; quella di Donna Elvira che nella sua esausta femminilità vive in equilibrio sulla sua follia di monaca e di amante al tempo stesso in cui le figure di Cristo e di Don Giovanni si confondono; quella di Petruccio che rimane imbrigliato nella sua popolare ma al contempo pregiudiziale visione del mondo; quella di Carlotta che nuota nell’illusione di un riscatto sociale ed umano non avendo idea della forza bestiale che governa il mondo e di cui ella stessa è figlia; quella di Don Luigi padre snaturato il cui declino sociale ed economico egli attribuisce alle colpe di un figlio degenere, ma che sono invece determinate dal potente flusso della storia che si scontra con la sua esile e volgare ipocrisia. Ecco, la sfida, come si diceva, che ci stiamo preparando ad affrontare, è pertanto quella del corpo dell’attore che, in quanto tale, non è pronto a cantare e che pur conscio di questo si getta, come per rispettare un rito, per rendere presente ed immutabile un che di passato e di perso, verso il suo limite, come l’inciampo di un umano, fin troppo umano che canta silenziosamente il proprio de profundis.

Regia di Alberto Di Stasio, con Manuela Kustermann, Fabio Sartor, Alberto Caramel, Emanuela Ponzano, Massimo Fedele Don Luigi, Luna Romani, Marta De Ioanna.

dettagli
Biglietto: consulta il sito del teatro
quando
dal 16/01/13 al 20/01/13
DoLuMaMeGiVeSa
Orario: (scegli la data)
dove
Teatro Goldoni
San Marco 4650/b - 30124 Venezia
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