Pare proprio di sì: ci tocca vivere. Soprattutto ai due protagonisti di questo nuovo spettacolo, abbandonati lì da Flaubert che muore prima di compiere l’opera. Dal romanzo incompiuto dell’autore francese ho tratto questa profonda e ridicolissima solitudine dei due uomini che, pur essendo in due, sono soli. Due impiegati parigini che nella mia riscrittura si trasformano in due uomini del nostro tempo che, chiusi volontariamente in uno spazio non meglio identificato, tentano l’impresa impossibile: affrontare e risolvere il dolore esistenziale che li assedia studiando e indagando il web alla ricerca di soluzioni, in una vorticosa ascesa verso il ridicolo involontario. Soli come siamo tutti noi, in mezzo a milioni di persone, chiusi in casa per paura del vicino, per paura che possa rivolgerci la parola o chiederci un favore. Soli davanti alla vita che ci tocca di vivere. Dopo lo scontro frontale di Misantropo tra individuo e società e dopo il disastro sociale de I Cavalieri – Aristofane cabaret, ecco l’Uomo, solo di fronte a se stesso nel titanico sforzo di esserci, più ridicolo che mai. Chiudo così la mia trilogia, nella quale ho indagato le mie idiosincrasie e le mie paure di fronte a un modello sociale, quello occidentale, in fase “bizantina”, in caduta libera verso la sua disgregazione. E poche risposte ho trovato e molte domande nuove sono sorte da questa indagine. L’unica consolazione è che, come sempre, arriverà un nuovo “rinascimento”.