Un uomo è seduto al centro della scena, nell’oscurità. E ricorda. Ricorda e rivive frammenti della sua esistenza, schegge della sua vita. Incontri fugaci, strani momenti di lavoro, singolari innamoramenti, tragiche rovine. Ricorda uomini e donne che hanno fatto in qualche modo parte della sua storia. Ricorda i loro volti, ma soprattutto risente le loro voci, e interagisce con loro, fino alla domanda che, forse, gli sta più a cuore.
Questo lavoro nasce dal nostro adattamento di tre brevi atti unici di Harold Pinter, (“The black and white”, “Victoria Station” e “Il bicchiere della staffa”) che noi abbiamo opportunamente trasformato in tre momenti separati di un’unica storia, ‘declinandoli’ attraverso un quarto pezzo unico del medesimo autore, tra i più enigmatici e misteriosi, ovvero il monologo “Voci nel tunnel”, a cui abbiamo dedicato anche il nostro titolo. Forse, con questo lavoro, abbiamo leggermente forzato la mano all’autore, ma ci siamo rifatti alle parole dello stesso Pinter, che in un’occasione ha scritto: “In teatro […] la ricerca della verità è il vero obiettivo. Il più delle volte vi inciampiamo al buio, urtandola, o meglio cogliendone un’immagine o una forma che sembrerebbero corrispondere alla verità, senza però rendercene conto. Ma la realtà è che, nel teatro, di verità ce ne sono molte e mai una sola. Verità che si sfidano, si confrontano, si riflettono, si ignorano, si stuzzicano, si ingannano l’un l’altra.”
Quella che noi mettiamo in scena è la provvisoria verità che crediamo di aver trovato, tra mille incertezze ed inciampi, all’interno dei testi di Pinter; al pubblico, come sempre, il giudizio finale.