Una coppia di sposi in scarpe da tennis, seguita da uno strano personaggio, scende da un autobus in corsa, offre calici di champagne al pubblico raccolto alla fermata e lo invita a muoversi per le vie cittadine. I brindisi continuano finché gli sposi si immobilizzano come statue, non per sottoporsi ai flash del servizio fotografico, ma per diventare statue malleabili nelle mani dell'istrionico accompagnatore, che d'ora in poi li manipola, li dirige, gioca con loro in una serie di sketch divertenti, grotteschi e poetici al tempo stesso. Mescolando abilmente humour e ironia - scherno nascosto sotto il velo della serietà e serietà travestita da motto di spirito, questa stralunata festa di nozze costringe ad un costante spostamento concettuale e ad una provocatoria ridefinizione degli spazi, personali e pubblici, urbani e teatrali.
Una sorridente e rumorosa narrazione cinematografica per quadri supportata, in omaggio alla cultura musicale di un popolo capace di festeggiare veramente, da una colonna sonora di musiche zingare, popolo oggi più che mai detestato e vilipeso, forse anche perché, contrariamente a noi, sembra del tutto impermeabile alla convinzione che il senso profondo della vita sia quello di accumulare cianfrusaglie. Un meccanismo giocoso adatto a qualsiasi tipo di situazione o spazio urbano.