La Fabbrica dei Preti è l’ultimo lavoro di indagine e scrittura di Giuliana Musso. Uno spettacolo che
intreccia tre diverse forme di racconto: un reportage della vita nei seminari declamato dal “pulpito”
(ispirato al racconto di Don Bellina), la proiezione di tre album fotografici e la testimonianza vibrante di tre
personaggi (un timido ex-prete, un ironico prete anticlericale ed un prete poetaoperaio). In apertura un
prologo che ci ricorda cosa è stato il Concilio Vaticano II (1962-1965). Sul palco una serie di schermi di
proiezione degli anni ’60 e alcuni abiti appesi: una tonaca, un vestito da sposo, un clergyman, una tuta da
operaio.
I tre personaggi interpretati da Giuliana sono uomini anziani che si raccontano con franchezza: la
giovinezza in un seminario, i tabù, le regole, le gerarchie, e poi l’impatto col mondo e col mondo delle
donne, le frustrazioni ma anche la ricerca e la scoperta di una personale forma di felicità umana. Lo sfondo
di ogni racconto è quella stessa cultura cattolica che ha generato il nostro senso etico e morale e con esso
anche tutte le contraddizioni e le rigidità che avvertiamo nei nostri atteggiamenti, nei modelli di ruolo e di
genere, nei comportamenti affettivi e sessuali. Lo spettacolo, mentre racconta la storia di questi ex-ragazzi,
ex-seminaristi, ci racconta di noi, delle nostre buffe ipocrisie, paure, fragilità... e della bellezza dell’essere
umano. E così mentre ridiamo di loro, ridiamo di noi stessi e mentre ci commuoviamo per le loro solitudini
possiamo, forse, consolare le nostre.