Presso l’oratorio di San Ludovico, la mostra personale di Andrea Morucchio “Play God”.
Si tratta di un’installazione site specific, composta da due proiezioni, una composizione sonora e
un tappeto.
Nello spazio buio dell’oratorio lo spettatore si troverà ad osservare il medesimo video sagomato
all’interno dell’altare e sdoppiato sulla parete opposta. Il video ritrae il torso nudo dell’artista visto
da dietro, dalla nuca al bacino, mentre muove ritmicamente le braccia in un’azione che si ripete
sempre uguale: un esercizio di meditazione e rigeneratore di energia.
A fare da sfondo del video un pattern geometrico in bianco e nero, ispirato ad una litografia di
Frank Stella dalla serie Black, 1967.
Attorno alle due proiezioni, veri e propri poli di attrazione, gravitano la musica e il tappeto:
quest’ultimo, su cui è stato stampato lo stesso pattern geometrico che si trova nei video, collega
l’altare alla parete opposta; la musica invece è prodotta da strumenti a fiato suonati con la tecnica
della respirazione circolare, che permette di ottenere un flusso di suoni senza pause, come senza
pausa è il movimento del corpo nei video.
L’artista costruisce uno spazio immersivo ed ipnotico, che tutti gli elementi dell’installazione
concorrono a creare, in stretta simbiosi l’uno con l’altro. Simbiosi fatta di rimandi visivi, ma anche
ritmici, dove non si distingue più la sorgente e il rimbalzo: viene prima il tappeto o la sua
immagine? Il suono o il movimento?
Poi stop, un minuto di silenzio in cui niente si sente, e si vede solo il pattern geometrico alle pareti
e il tappeto sotto i piedi, quasi il raccoglimento della preghiera, prima dell’inizio di una nuova
liturgia: 6min di sonoro +1 di silenzio che si ripetono in loop. 6 cm la distanza tra le linee del
pattern e 1 cm lo spessore della linea. 7, il numero perfetto per i mistici.
Lo spazio sacro è il luogo dove è resa possibile la comunicazione tra questo mondo e l’altro1.
Il bianco e il nero sullo sfondo del video non è solo la ripetizione del pattern del tappeto, ma una
sua nuova interpretazione e l’esaltazione degli opposti e della simbologia (sacra e non) ad essi
collegata.
Opposti come il minimalismo di Stella e il corpo di Morucchio, la sparizione e la presenza
dell’artista, che qui porta in mostra anche la sua esperienza di vita: lo stesso pattern è riprodotto su
un tappeto che l’artista ha fatto fabbricare in Nepal in un laboratorio di profughi tibetani alla fine
degli anni ’90, per utilizzarlo a casa come luogo per la meditazione.
Del resto concetti come circolarità, ripetizione, logica binaria degli opposti, esoterismo, corpo,
religione, sono costanti in tutti i lavori di Morucchio.
Qui, inoltre, ci troviamo in uno spazio sacro e non si può non pensare a come, particolarmente la
religione cristiana, abbia da sempre utilizzato il potere incantatore delle immagini combinate con la
musica per connotare le sue liturgie al fine di potenziarne il messaggio.