Durham presenterà la sua installazione 'Venice: Objects, Work and Tourism' (Venezia: gli oggetti, il lavoro e il turismo).
Sembra che al mondo non ci sia città senza un teatro “Rialto” e altrettanto
frequenti sono i locali notturni o i cabaret denominati “Lido”. È come se Venezia
simboleggiasse qualcosa di importante che ha a che fare con la bella vita. Da
trecento anni questo porto italiano è un indiscusso polo di attrazione nel circuito
turistico europeo, l’apice del cosiddetto Grand Tour. Oggi questo si traduce in
un flusso quotidiano di migliaia di croceristi, a cui si aggiungono i tantissimi che
arrivano in aereo - turisti che magari arrivano per mezza giornata - per i quali
Venezia è solo un pit-stop nella loro versione moderna del Grand Tour.
Per far spazio a navi sempre più enormi si scavano canali sempre più grandi e
profondi e da trentacinque anni si sente ripetere lo stesso discorso: l’aumento
costante del flusso dei turisti sta distruggendo Venezia. Passano gli anni, ma
questa lamentela non perde il suo accento di verità malgrado i turisti siano anche
uno dei principali motori per l’economia cittadina.
L’esperienza del turista stereotipato resta un bersaglio facile per la satira. I turisti
sono considerati un fenomeno strano e il modo in cui vengono sminuiti e presi in
giro non riconosce il vero oggetto del loro desiderio: cogliere una parte intrinseca
del sapere e dell’esperienza culturale. Allo stesso tempo, anche il mondo culturale
e intellettuale europeo converge sempre più sulla travagliata Venezia. Secondo
Jimmie Durham “curatori, architetti, registi e artisti vanno in pellegrinaggio a
vedere le Biennali. Questo significa che il pensiero intellettuale europeo non può
essere separato dal turismo europeo, né dall’oggetto creato dall’uomo.”
Inoltre, continua Durham, “turisti e intellettuali europei condividono, di Venezia,
una visione romantica che cancella la realtà viva dei lavoratori veneziani, i quali
ricreano in continuazione la città, le impediscono di andare in rovina, le ridanno
forma sotto gli occhi di tutti.”
Quattro anni fa, Jimmie Durham fu invitato dalla Fondazione Querini
Stampalia a lavorare ad un progetto su Venezia. Cominciò parlando alle
persone di Venezia e dintorni che lavoravano come carpentieri, maestri vetrai,
battiloro o intagliatori e con persone che lavoravano nei ristoranti o ricoprivano
cariche amministrative. Parlò con lavoratori di tutti i tipi e ne raccolse le storie.
Scoprì che molti di loro venivano da paesi come il Senegal, la Tunisia e il
Bangladesh e che preferivano restare un elemento invisibile dell’economia locale.
Nel maggio 2015, durante la 56esima Biennale di Venezia, fatta nello Spazio Carlo
Scarpa della Fondazione Querini Stampalia sarà costituita da oggetti nuovi, frutto
di combinazioni inattese: pezzi di vetro raccolti nel corso di anni accanto a vernici
dalle tinte vivaci, mattoni veneziani vecchi di trecento anni accanto a elementi
tratti dall’industria turistica e dal quotidiano commercio di Venezia. Un’opera non
pensata come un monumento, ma piuttosto come un veicolo di dialogo, capace di
cogliere la complessa mescolanza di queste idee: il turismo, l’immaginario sociale
di Venezia, il lavoro e l’oggetto artigianale.