«Forse l'italiano più rappresentativo in Etiopia, da un punto di vista non affaristico ma intellettuale, è l'architetto Arturo Mezzedimi. Alto (1,85), erculeo, bruno, sorridente, lento e sobrio nel parlare, di chi sa quel che dice e ha poco tempo, è un lavoratore infaticabile. Dall'Italia andò nella primavera del '40, diciottenne, ad Asmara a passare qualche settimana presso il padre titolare di una azienda di trasporti.
Due mesi dopo cominciò la guerra, e Arturo Mezzedimi vi rimase bloccato». Giuseppe Faraci, 1965
Arturo Mezzedimi progetta e realizza in Etiopia, fra il 1940 e il 1974,
1624 opere. Arrivato giovanissimo in Africa, diventerà l’architetto di fiducia del negus neghesti Hailé Selassié.
La sua straordinaria produzione architettonica è il racconto di una avventura umana dimenticata dalla storiografica architettonica ufficiale, la testimonianza costruita delle aspirazioni di una nazione e di un continente alla ricerca di una identità moderna.
La mostra sulle opere di Arturo Mezzedimi è l'occasione per interpretare criticamente il rapporto tra vicenda biografica, esperienza professionale e linguaggio architettonico, oltre che pretesto per ripensare le relazioni fra potere e architettura moderna nell'Africa della decolonizzazione.
La mostra è accompagnata dalla pubblicazione di una prima, sintetica riflessione monografica sull'opera africana dell'architetto senese. Il libro viene presentato mercoledì 22 giugno alle ore 17.00.