Luciano, classe 1924, è stato consapevole della propria “diversità” sin da piccolo e ha vissuto in prima persona le ipocrisie della morale e della propaganda fascista nel suo paese d’origine, in Piemonte. Una vita intensa e travagliata, una difficile transizione attraverso la guerra e l’esperienza nell’esercito, la consapevolezza della propria omosessualità, la fuga a Bologna, a Roma, poi a Torino. Fa il tappezziere, l’arredatore, organizza feste, va
spesso a Parigi, meta di molti transessuali europei,
dove frequenta i noti cabaret en-travesti, per un
breve periodo fa anche l’attore di varietà; ormai è
sempre più Lucy che Luciano, nonostante il perbenismo
della cittadina piemontese e il rigido moralismo degli anni Cinquanta. Ma a Torino si respira anche aria nuova, c’è qualcosa che preannuncia un futuro più libero: stanno arrivando gli anni Sessanta, Lucy frequenta sempre più assiduamente il giro trans, i locali notturni: è la Torino del boom economico, però anche quella del Fuori!, del movimento femminista e studentesco. E tra feste, droga, amori e arresti (per travestitismo il codice penale italiano prevede il confino fino all’inizio degli anni Settanta) arrivano gli anni Ottanta e il ritorno in famiglia per vegliare i genitori ormai anziani e malati. Fra storia individuale e storia collettiva, un eterno avvicinamento alla lucidità del racconto e dei ricordi, quelli di una persona che non ha mai perso la forza di lottare per affermare la propria diversità.