mostre
La notte e il suo cuore

Espongono 33 fotografi con 37 immagini:

Enrico”Gigi”Bacci, Antonio Baldi, Francesco Barasciutti, Alessandro Bettio, Gino Bolognini, Pier Giorgio Bonassin, Mario Bonzuan, Aldo Brandolisio, Lorenzo Bullo, Paola Casanova, Carlo Chiapponi, Elio Ciol, Sergio Del Pero, Luigi Ferrigno, Alberto Furlani, Franco Furneri, Giorgio Giacobbi, Manfredo Manfroi, Nino Migliori, Matteo Miotto, Aldo Navoni, Giorgio Nicolini, Stefano Pandiani, Giovanni Puppini, Ermanno Reberschack, Alessandro Rizzardini, David Salvadori, Giorgio Semenzato, Massimo Stefanutti, Andrea Tonon, Luciano Tosello, Fabrizio Uliana, Emilio Zangiacomi Pompanin.

Nyx: figlia del Caos, genera Etere e il Giorno, Moros (“la Sorte”), Ipno (“il Sonno”), i Sogni, Momo (“il Sarcasmo”), la Miseria, le Moire, Nemesi, Apate (“l’Inganno”), Filote (“la Tenerezza”), Gera (“la Vecchiaia”), Eris (“la Discordia”) ed infine le Esperidi (“le figlie della Sera”). Probabilmente ne manca una, ma forse gli antichi greci non conoscevano la nostalgia della luce, pari a quella del famoso fotografo non vedente (oscena metafora di oscura derivazione per non dire “cieco”) Evgen Bavcar. Quella nostalgia che ci prende, in certe sere d’inverno, quando il mondo poco a poco scompare e la nostra realtà viene circoscritta dal quadrato di luce proveniente dalla finestra alla quale siamo affacciati. Ed una sottile paura c’invade, paventando noi nel buio della strada presenze minacciose e pericoli incombenti: spesso affrettiamo il passo, cerchiamo splendori magniloquenti e consolazioni luministiche per non percepire quell’ombra che ci insegue per tutta la vita. Da bravi figli della luce elettrica, non sappiamo come fosse il mondo prima delle lampadine: nulla possiamo dire del lucore della candela o della lampada ad olio, né della profondità delle tenebre in una strada in una grande città nel diciottesimo secolo. Ma la vittoria della luce non ha portato alla sconfitta dell’oscurità in quanto proprio la fotografia (sembra un paradosso: scrivere con la luce ma la luce non trionfa) ha continuato ad arrendersi – per molto tempo dopo la sua rivelazione al mondo – alla notte e ai suoi dintorni. Solo l’aumento della sensibilità delle superfici sensibili ha consentito l’impressione della pellicola dopo il tramonto del sole. Se si sfogliano le varie storie della fotografia - dalle più titolate (Gernsheim, Rosenblum, ecc.) alle più sintetiche – non si trovano accenni alla fotografia notturna e tanto meno ci sono immagini sul tema: solo i manuali tecnici la trattano per accenni e nemmeno come genere specifico. Dopo circa 30 anni ho riaperto “Il libro della fotografia” di Andreas Feininger (Ed. Garzanti, 1971), un volumetto di circa 250 pagine, all’epoca prezioso e sul quale si sono formate generazioni di fotografi, non offrendo il mercato di quegli anni valide alternative. A pag. 137, una succinta tabella indica i tempi di posa per le fotografie notturne all’aperto, esemplificando una serie di situazioni: ingressi di teatri di persone all’aperto, strade larghe e molto illuminate oppure con illuminazione ordinaria oppure molto buie illuminate solo da qualche lampione; ed ancora prese da lunga distanza di città con edifici che abbiano finestre illuminate. Ma nient’altro: però questa tabella (anzi i suggerimenti di Feininger) sono indicativi di un certo modo di considerare – all’epoca - la notte in fotografia: innanzitutto non sembra ritenuta un genere ma solo una particolare modalità di ripresa alla quale si deve porre la dovuta attenzione tecnica con indubbie difficoltà operative dovute alla combinazione esposizione/sensibilità della pellicola/soggetto. Poi le tipologie di soggetti sono indirizzate solamente verso situazioni generaliste e vagamente documentarie al fine di sfruttare elementi di ambientazione urbana che appaiono sconfinare nella vaghezza più assoluta, senza però alcun approfondimento reale. Ma non è così: superate tutte le problematiche tecniche in quanto l’attuale tecnologia digitale (eliminando l’accoppiata tempo/diaframma) con i sensori a milioni di pixel permette di penetrare nel buio più assoluto con pose di qualche secondo ed anche di correggere in sede di post produzione eventuali errori o imperfezioni, i fotografi si sono presto resi conto come la notte possa esser fonte di ispirazione quanto il giorno. La pratica del “notturno” è sempre rimasta parte del percorso iniziatico del fotografo e prova sul campo – quanto meno in periodo di tecnica analogica – della propria capacità tecnica: ma i soggetti non sono sempre rimasti gli stessi a riprova di quanto possa esser multiforme il mondo agli occhi di chi sa vedere. Se le luci della città, le strade e le vetrine illuminate l’hanno fatta da padrone in una certa fotografia di notturno, presto da uno “spazio della notte” si è trasmigrati ad una visione basata sul “tempo della notte”: tutto quanto “accade” dopo il tramonto e prima del levar del sole è rilevante come notturno. Nessuna limitazione al solo paesaggio con lampioni, alla luna crescente sulla pianura nel Nuovo Messico, alle luci scintillanti dei palazzi ma piuttosto una riflessione sulla notte come tempo di vita, al limite tra la luce e il buio; quasi una ricerca di una qualche illuminazione che possa dare conforto e farci vedere qualcosa, al di là e più lontano. La notte diventa un forte abbraccio tra luoghi e persone nella quale il fotografo verifica il proprio rapporto visivo con l’oscurità fino a declinare il giorno e coniugare la notte senza stilemi. E questa mostra vuole testimoniare - attraverso una serie di fotografie tratte sia dall’Archivio Storico del Circolo Fotografico La Gondola che dalle più recenti produzioni dei soci attuali – questo passaggio della visione. Molte immagini scelte sono incentrate sul notturno veneziano, tema che ha coinvolto tanti autori con risultati di grande suggestione ma che ha avuto uno sviluppo inaspettato nel corso dei decenni: dalle fotografie rispettose di una monumentalità appariscente (Mario Bonzuan, Ermanno Reberschak, Francesco Barasciutti, Luigi Ferrigno,) si è passati ad una città intima e solitaria nei suoi punti più oscuri ed in situazioni insolite (Fabrizio Uliana, Giovanni Puppini, Franco Furneri, Enrico Gigi Bacci) fino ad una visione onirica (Alessandro Rizzardini), quasi irriconoscibile per la vacuità dei luoghi (Aldo Navoni, Stefano Pandiani) e, alla fine, alla trasfigurazione mediante interventi aggressivi e manipolativi (Andrea Tonon, Luciano Tosello). La riappropriazione fotografica della notte come luogo dell’esistere è testimoniata dalle immagini di periferie localmente indefinite (Aldo Brandolisio, Giorgio Nicolini, Giorgio Semenzato, Sergio Del Pero, Nino Migliori,David Salvadori), di luoghi di aggregazione (Giorgio Giacobbi) anche solitari o in momenti particolari (Piergiorgio Bonassin, Lorenzo Bullo). Nelle immagini di Carlo Chiapponi, Antonio Baldi, Alberto Furlani, Paola Casanova, Elio Ciol e Gino Bolognini ci sono altre ascendenze e richiami ad una fotografia di respiro internazionale e di rilevante impatto visivo nella quale si gioca una complicità silenziosa tra l’oggetto e il fotografo, tra l’apparenza e la tecnica. Alla fine, un nuovo percorso da parte di Alessandro Bettio, Manfredo Manfroi, Emilio Zangiacomi, Matteo Miotto e Massimo Stefanutti i quali abbandonano l’esterno notte per proiettare inquietudini e affanni quotidiani in un’oscurità illuminata all’interno delle proprie case.

dettagli
Biglietto: Ingresso libero
quando
dal 06/05/10 al 31/05/10
DoLuMaMeGiVeSa
Orario: (scegli la data)
dove
Cassa di Risparmio di Venezia
Campo San Luca, San Marco 4216 - 30124
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