La Fondazione Bevilacqua la Masa, in collaborazione con la Fondazione Fotografia, presenta alle Gallerie di S. Marco una selezione di fotografie di artisti internazionali della collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. L'esposizione, a cura di Filippo Maggia, presenterà al pubblico immagini solo in apparenza scherzose e ludiche, perché in realtà affrontano temi attuali e controversi: 59 spunti di riflessione su argomenti difficili come la
manipolazione dell'informazione o la disillusione delle giovani generazioni.
In mostra 49 fotografie, 9 video e un'installazione degli artisti internazionali Anetta Mona Chisa & Lucia Tkacova (Romania e Slovacchia), Philip Kwame Apagya (Ghana), Fikret Atay (Turchia), Cao Fei (Cina), Wong Hoi Cheong (Malesia), Priyanka Dasgupta (India), Samuel Fosso (Camerun),
Hung-Chih Peng (Taiwan), Iosif Kiraly (Romania), Julius Koller (Slovacchia), Godd Leye (Camerun), Zbignew Libera (Polonia), Yasumasa Morimura (Giappone), Ivan Moudov (Bulgaria), Marco Pando (Perù), Mladen Stilinovic (Croazia), Tabaimo (Giappone), Yang Zhenzhong (Cina), David
Zink Yi (Perù).
Con approcci differenti e modulazioni dettate dalla diversa provenienza culturale, gli artisti in mostra creano corti circuiti visivi e sovvertono continuamente i livelli comunicativi di partenza.
Offrono spunti per pensare o semplicemente nuovi punti di vista, soprattutto ci ricordano quanto il linguaggio delle immagini possa essere alle volte ambiguo o addirittura mendace rispetto al messaggio che si appresta invece a lanciare.
Portata agli estremi, la discrepanza può essere incredibilmente spiazzante, come avviene per l'installazione ritratta nelle undici fotografie di Zbigniew Libera, che si presenta sotto forma di un vero e proprio giocattolo. Gli scatti, intitolati LEGO Concentration Camp, ricostruiscono con icelebri mattoncini le immagini stereotipate dei lager nazisti rimaste indelebili nell'immaginario collettivo. Con questo lavoro, estremamente provocatorio, l'artista polacco allude alla facilità mediatica con cui ci relazioniamo con una delle pagine più tragiche del Novecento, nonostante orrori purtroppo simili - dai gulag sovietici alle repressioni balcaniche - abbiano potuto (e possano) ripetersi ancora.
Se alcune delle opere indagano il rapporto con un recente passato, altre fungono da punto di partenza per reinterpretare il tempo presente, attraversando questioni tanto collettive quanto
strettamente legate alla coscienza di ogni individuo. È questo il caso di We are the World, la videoinstallazione del cameruniano Goddy Leye costruita sulle note della stessa canzone che nel 1985 Michael Jackson e Lionel Richie scrissero per l'importante raccolta fondi a favore dell'Africa. Ilare e spensierata, la versione qui proposta inverte ogni possibile ruolo, smascherando con estrema semplicità tutto il carico di pregiudizi nei confronti di un continente troppo a lungo considerato inferiore.
Anche il ruolo dell'artista, ora canzonato ora rimesso in discussione, è al centro di lavori che rivolgono la loro attenzione al complesso sistema dell'arte. Il giovane artista bulgaro Ivan Moudov per una settimana consulta la sua sorte nei sette fondi di caffè confrontando le diverse predizioni,
mentre la serie fotografica di Mladen Stilinovic assume il valore di un provocatorio manifestoprogrammatico. Il titolo è emblematico, Artist at Work, e vede l'artista ritratto mentre si rigira semiassopitotra le lenzuola del suo letto: a dispetto di tutti i costrutti produttivi imposti dalla società, sostiene l'artista, l'ozio è la condizione unica e necessaria alla creazione.