La corrente poetica del simbolismo riscuote successo nei salotti aristocratici grazie al genere delle mélodies francesi. Molti compositori si rivolgono al letterato Albert Samain; tra questi lo stesso Dubois, che colora di una sincera malinconia o di gioia comunicativa i suoi testi.
La mélodie francese rappresenta indubbiamente il genere più elevato nella gerarchia dei repertori. Il suo giusto apprezzamento presuppone una cultura poetica e un amore per il dettaglio spinti all’estremo. I pensieri simbolisti o, all’opposto, i versi tratti da Ronsard o Villon ne fanno un genere che non è errato considerare innanzitutto letterario. L’arte di un Théodore Dubois consente di rivalutarne l’evoluzione e le fasi che ne costellano la maturazione, al crocevia di due mondi radicalmente diversi quanto strettamente legati: quello della romanza e quello della mélodie propriamente detta. Nato nel 1837, Dubois non ha potuto misconoscere le specifi cità della romanza da salotto che, apparsa alla fi ne del Settecento, si era sviluppata in maniera teatrale fi n sotto la Monarchia di Luglio. La romanza è in quegli anni un genere strofi co, il cui taglio presuppone una frequente ripetizione musicale. Di sostanza più lirica, sostenuta da un accompagnamento pianistico maggiormente legato al testo, la mélodie francese rivendica il proprio essere innanzitutto un genere letterario. Spesso si organizza in cicli, narrativi o più suggestivi. Dubois è un perfetto rappresentante del periodo più “romantico” della mélodie francese. Quella che il simbolismo di un Debussy spazzerà via senza complimenti, considerandola datata e priva di profondità. Tuttavia, a ben guardare le scelte letterarie operate da Dubois, è facile dedurne che il compositore nutriva una particolare stima per questo repertorio, che colorava volentieri di una sincera malinconia o di una gioia comunicativa.
Interpreti: Jean-François Rouchon, baritono; Billy Eidi, pianoforte.