Se l’antico racchiude in sé i sapori pittoreschi di tempi andati e costumi dimenticati, l’animo romantico – a poco a poco – s’interessa sempre più alla leggenda. Essa situa infatti l’azione in una scala umana, mentre il mito ambienta i propri personaggi in un mondo immaginario.
Per “provare emozioni”, l’individuo ottocentesco deve riconoscersi nell’intreccio, per quanto improbabile sia.
La trasformazione da meraviglioso in fantastico è forse l’espressione più radicale di questa nuova catharsis.
Erminia, Tisbe, Damocle o, più vicini a noi, Fingal, Francesca da Rimini e Melusina danno spessore a storie sorprendenti, più gradevoli da narrare che non le imprese pressoché meccaniche degli eroi dell’Antichità.
In musica la figura di Wagner supera di gran lunga tutte le altre sperimentazioni musicali basate sull’elemento leggendario. Con Le fate, Il vascello fantasma, fino all’estremo Parsifal, il compositore pone a fondamento dell’ispirazione romantica la leggenda che – sempre meno intinta di antichità – offre contemporaneamente la libertà di un racconto rapsodico e l’inclusione in una secolare tradizione orale.
Se Wagner si dedica essenzialmente alle leggende germaniche o scandinave (esaltando esperimenti francesi firmati Lesueur – Ossian ou Les Bardes – e Méhul – Uthal), Parigi volgerà spesso lo sguardo a contrade più esotiche, come ne Les Bayadères di Catel o Le Roi de Lahore e Le Mage di Massenet.
INTERPRETE: Wilhem Latchoumia, pianoforte.