Il Terzo Libro de' Madrigali, pubblicato nel 1592 a Venezia dall'editore Ricciardo Amadino, conobbe all'epoca uno straordinario successo editoriale, dando vita a ben cinque ristampe fino al 1611; senza contare le due edizioni stampate nel 1615 e 1621 arricchite di basso continuo 'per il Clavicembano, Cittharone od altro simile Istromento', a beneficio del tastierista altrimenti destinato a segnarsi la parte per conto proprio, ricavandola da quella delle voci. Un'opera con un trentennio di vitalità esecutiva, in un'epoca contraddistinta da rapidissime trasformazioni della sensibilità e del gusto, che rappresenta indubbiamente il primo grande successo dell'autore. La fama di compositore arride a Monteverdi dopo una 'gavetta' biennale di cantore e suonatore di vivuola (cioè viola da gamba) a servizio della corte mantovana dei Gonzaga, affiancando Jacques de Wert, maestro ufficiale di corte e maestro della cappella palatina di Santa Barbara (la chiesa dove avvenivano le importanti celebrazioni della vita sacra di corte). Animato da grande ambizione, candidandosi di fatto alla successione al De Wert, in quegli anni gravemente malato, il giovane compositore dedica il suo lavoro al Duca Vincenzo Gonzaga, con devozione, ma anche allo scopo di offrire un prodotto di qualità non comune, destinato a far parlare e discutere nell'ambiente culturale del tempo. La pubblicazione del Terzo Libro segna l'affrancamento da un approccio autoriale ancora timidamente 'decentrato', con la giustificazione dei propri crediti artistici di famiglia, e marca l'appartenenza alla Corte come etichetta distintiva; l'approccio a quello splendido ambiente musicale, letterario, architettonico e artistico in generale che la corte di Mantova rappresentava è fatto proprio e eriesibito all'esterno, associato a una scrittura musicale a tratti rivoluzionaria, colma d'ardite soluzioni espressive, alcune del tutto inedite: la fonte testuale di questi procedimenti inventivi è ancora una volta la poesia di Torquato Tasso, affiancato dal ferrarese Battista Guarini (che in quel periodo soggiornava alla corte mantovana) autore del Pastor Fido, 1589, uno dei più famosi testi del Rinascimento.