Il progetto mutua il nome da un grande disco del 1979, Sheik Yerbuti, nel quale – come suo solito – Zappa se la prendeva con buona parte del mercato pop di quegli anni. Zappa l’onnivoro, Zappa il dissacratore, Zappa il musicofilo-musicologo- musicante. Zappa che nel suo tritacarne ha fatto passare tutta la musica del secolo in cui è vissuto, dalla cosiddetta “classica” al jazz (di cui diceva “non è morto ma ha un odore ben strano”) fino al rock dei suoi coetanei, con i loro divismi e le loro ambizioni messianiche. Zappa che negli ultimi anni voleva candidarsi alla presidenza della Repubblica degli Stati Uniti con una sola valida motivazione: “Io almeno odio il golf “.
Ecco, tocca a Zappa finire in un tritacarne, dunque vedersi trattato come un “classico” ma non un classico scomodo, un monumento da prendere a spallate, bensì una fonte di ispirazione da cui sgorgano gemme e soprattutto idee. La sua musica e il suo spirito sono più che vivi, sono necessari.
Jason Adasiewicz – vibrafono
Stefano Bollani – piano
Paul Santner – contrabbasso
Jim Black – batteria